Rapporto Ital Communications-Censis sulle fake news: il commento di Mario Morcellini

I dati emersi dal Rapporto Ital Communications – Censis sulla disinformazione e le fake news hanno messo in risalto la percezione che gli italiani hanno avuto riguardo la comunicazione durante la pandemia che è risultata confusa, ansiogena ed eccessiva.

Ne parliamo con il sociologo Professor Mario Morcellini, Direttore dell’Alta Scuola di Comunicazione e Media digitali di Unitelma Sapienza che interviene come ricercatore sul Rapporto Ital Communications - Censis “Disinformazione e fake news durante la pandemia: il ruolo delle agenzie di comunicazione”.


Professore cosa ne pensa al riguardo?
 
“In questo clima si rileva una vera e propria variabile interveniente molto delicata e stressante per descrivere le criticità di un’eccessiva iterazione di temi preoccupati presenti nei media. Gettiamo il cuore in avanti: è fondamentale che nel nostro Paese si doti di luoghi indipendenti di elaborazione culturale; in questa direzione quel che Ital Communications ha realizzato insieme al Censis è un’eccellente apertura al futuro. Attorno al rapporto tra comunicazione e Covid (da me abbreviato in “MediaCovid”), anche per sottolineare un intreccio tra la pandemia e l’infodemia che ne è derivata e mettere al centro il ruolo delle agenzie di comunicazione, va interpellata la dinamica esagerata dei media e del digitale, come succede nell’interazione media/terrorismi. Riconoscendo una uguale simmetria, si possono aggiungere due elementi: da un lato l’informazione, pur con tutte le sue lacune, si è comportata meglio del pre-Covid, al punto che anche i media digitali e gli Over the top si sono rivelati più responsabili, imitando per la prima volta i media mainstream. Un passo avanti rispetto a una presa di coscienza dei bisogni del pubblico in tempi di pandemia. È vero però, d’altra parte, che interrogando la moltitudine dei messaggi, i dati scoprono che la ripetizione di contenuti allarmistici non incrementa mai il benessere delle persone, aumentandone il rischio della paura, invece di favorire un processo di elaborazione culturale dell’incertezza.  Abbiamo imparato, più diffusamente che in passato, solo la conoscenza riduce l’ansia rispetto alla pandemia, e dunque la comunicazione deve ispirarsi a questo principio.


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